Monte Sarri (Porto Pino)
Panorama da Monte Sarri
Durata dell'ecursione: 2-4 ore
Distanza del punto panoramico dal Residence Villa Ebner: 0,5 km
Coordinate del punto panoramico: 38.978532° - 8.590537°
Luoghi da non perdere: Dune e spiaggia di Porto Pino, Pineta Candiani.
Tra il nostro punto di osservazione e il gibboso crinale montuoso di Punta di Cala Piombo, sullo sfondo del paesaggio, la linea di costa disegna una profonda insenatura bordata da una lunga spiaggia che separa il mare aperto dal complesso di stagni costieri di Porto Pino. Questo complesso comprende quattro stagni tra di loro comunicanti tramite canali artificiali (stagni di Maestrale, del Corvo, di Is Brebeis e di Foxi). Verso sinistra, oltre gli stagni, l’entroterra si prolunga in una vasta piana erbosa che termina a ridosso dei monti sovrastanti il paese di Sant’Anna Arresi.
Sia la costa che l’entroterra di Porto Pino si trovano su una fossa di sprofondamento tettonico delimitata da faglie che corrono lungo il bordo dei rilievi circostanti. Il territorio come oggi lo osserviamo è il risultato dell’interramento di questa fossa ad opera delle alluvioni trasportate per millenni dai corsi d’acqua che solcano la pianura. Il cordone litorale su cui si trova la spiaggia di Porto Pino è infatti un tombolo che le correnti marine hanno formato utilizzando il detrito proveniente dell’entroterra; su questi detriti, l’incessante azione del vento ha poi accumulato e modellato dune di sabbia finissima di natura quarzosa che per la predominanza del maestrale, proveniente da NW, si presentano più grandi nella parte meridionale della spiaggia, dove raggiungono l’altezza di circa una trentina di metri.
La formazione del cordone litorale, avvenuta circa 6000 anni fa, è solo l’ultimo atto della creazione dell’intero complesso di stagni. Essa infatti segue la formazione di una struttura analoga, ma ben più antica della spiaggia attuale, le cui vestigia si riconoscono ancora nel lembo di terra che corre parallelo al cordone litorale, ricalcandone forma e disposizione. Si tratta della cosiddetta isola di Corrumanciu, una lunga striscia di terra, un tempo non collegata alla terraferma, che separa lo stagno del Corvo, verso mare, da quello di Is Brebeis, verso l’entroterra. Prima di occupare la posizione attuale, la linea di costa doveva trovarsi proprio in corrispondenza di Corrumanciu, e al posto dello stagno del Corvo si estendeva già mare aperto.
Questa area, oggi così apparentemente poco abitata, vanta in realtà un’antichissima frequentazione dell’uomo e un passato ricco di storia. Le prime testimonianze della presenza umana nella zona di Porto Pino risalgono al Neolitico recente, e già a partire dall’epoca nuragica gli insediamenti umani presentavano una diffusione capillare sul territorio. Purtroppo gran parte delle vestigia del tempo sono ormai semidistrutte ma all’intorno degli stagni si trovano ancora tracce di numerosi nuraghi e villaggi nuragici.
Tra il IX e l’VIII secolo a.C. la zona fu frequentata dai Fenici e quindi, nel VI sec., ebbe luogo la colonizzazione Punica. E’ da questo momento che l’uomo iniziò a imprimere sul paesaggio importanti, e per molti versi irreversibili, segni della sua presenza. Durante la colonizzazione punica e la successiva dominazione romana l’approvvigionamento di legname e la creazione di pascoli e superfici coltivabili portarono a accentuare i disboscamenti già praticati in epoca nuragica. La zona divenne un’importante via di accesso all’entroterra, e a Porto Pino fu costruito un porto le cui tracce sono ancora ben visibili lungo la costa rocciosa all’ingresso dell’attuale porto canale. La necessità di materiale da costruzione portò all’apertura di cave di blocchi di pietra simile a quella sfruttata lungo la costa di Capo Malfatano. In particolare, da Punta Tonnara e lungo tutta la costa a ovest di Monte Sarri furono aperte numerose cave che adesso in parte giacciono sommerse dal mare, e in parte fungono da prendisole per ignari bagnanti. Documenti storici e numerosi reperti archeologici fanno presupporre che già in epoca punica tra lo stagno di Maestrale e nella piana a est di Monte Sarri fin verso Porto Botte si estendesse un grande insediamento, forse il “Sulcitanus Portus” di Tolomeo, ora completamente scomparso. A corroborare questa forse non troppo fantasiosa ipotesi, la tradizione popolare racconta di una strada lastricata proprio sul fondo dello stagno di Maestrale.
Dal Medioevo fino a tutto il 1800 la zona suscitò l’interesse dei vari dominatori succedutisi nel tempo, attratti dalle rendite assai elevate provenienti dallo sfruttamento degli stagni come saline o come peschiere. Stando ai documenti storici sembra che in questo periodo la vera vocazione produttiva della zona risiedesse nell’utilizzo degli stagni come saline. In effetti, molti sono i toponimi che ricordano ancora questa attività: lo stesso nome del nostro punto di osservazione, Monte Sarri, prossimo allo stagno di Maestrale, deriva da sari che significa per l’appunto ‘sale’.
Gli stagni tornarono a produrre pesce in quantità all’inizio del XX secolo quando l’imprenditore inglese Menj Egerton Piercy rilevò la proprietà delle Peschiera di Porto Pino, dando vita a una gestione del territorio innovativa che prevedeva anche un certo beneficio per la popolazione locale. A Piercy si deve la realizzazione delle prime importanti vie di comunicazione, tra cui la strada che attualmente collega la costa con S.Anna Arresi e vasti rimboschimenti a Pino d’Aleppo, pianta tipica del luogo e da cui deriva il nome stesso di Porto Pino.
Anche dopo l’epoca Piercy gli stagni furono utilizzati come pescheria ma dagli anni ‘60 del secolo scorso questa attività ha subito una forte limitazione per l’inserimento dell’area nel sistema industriale delle Saline di S.Antioco, in cui gli stagni di Porto Pino fungono da bacini di pre-concentrazione salina delle acque da inviare poi ai bacini di evaporazione totale (molto di recente attente politiche locali hanno però dato nuovo vigore alla pesca professionale).
Sempre agli anni ’60 risale la scoperta della vocazione turistica di Porto Pino. Dopo un lungo periodo di limitata frequentazione, con l’avvento del terzo millennio lo sviluppo turistico ha decisamente imboccato la via del tipico turismo balneare dove la spiaggia e le connesse attività ludico-sportive sono al centro dell’offerta degli operatori del settore. In realtà si tratta di una scelta, oltre che penalizzante sotto il profilo ambientale e quindi a rischio di insuccesso nel medio termine, assai limitata per le potenzialità di un territorio che presenta ancora le caratteristiche ideali per lo sviluppo di un turismo sostenibile rivolto alla zona nel suo complesso, stagni ed entroterra compresi. Va segnalato a questo proposito il notevole interesse che gli stagni rivestono sotto il profilo naturalistico ospitando un’avifauna d’eccezione tra cui il Cavaliere d’Italia, il Pollo Sultano, la Cicogna Nera e soprattutto il Fenicottero, la cui popolazione colloca gli stagni di Porto Pino tra le più importanti zone umide d'Italia.
Di recente, anche l’industria vitivinicola del luogo, distinguendosi per la produzione di vini di alta qualità, ha fatto registrare un ampliamento delle superfici coltivate, particolarmente percepibile nel paesaggio della fascia costiera.
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