Capo Sandalo (Carloforte)


Panorama da Capo Sandalo

Durata dell’escursione: 1 giorno
Distanza del punto panoramico dal Residence Villa Ebner: 60 km
Coordinate del punto panoramico: 39.142345° - 8.225075°
Luoghi da non perdere: Carloforte, Cala Vinagra, Le Colonne, Punta Tonnara. 


La vista panoramica si estende lungo la falesia della costa occidentale dell’Isola di San Pietro, dalle alture di Punta di Capo Rosso fino allo sperone sud-occidentale di Punta Spalmatore. E’ un’immagine che per forza e immediatezza evoca quell’aspetto selvaggio così frequente nel territorio della piccola isola sulcitana, tanto da costituirne il carattere paesaggistico dominante. In effetti, tutta la costa dell’Isola di San Pietro, con la sola eccezione della parte orientale, è formata da una lunga sequenza di alte scogliere a tratti intagliate da strette insenature rocciose che coincidono con lo sbocco a mare di incisioni vallive, spesso scavate nella nuda roccia.

É la conseguenza morfologica della potente azione demolitrice del mare spinto dai venti occidentali, qui particolarmente intensi, su una roccia tenace ma al tempo stesso molto fratturata e soggetta a formare superfici di crollo pressoché verticali. L’isola ha origine vulcanica e risulta formata da spesse colate di lava alternate a depositi piroclastici, livelli stratificati di materiale lavico prodotti durante l’attività esplosiva dei vulcani. La sua formazione è legata ai grandi espandimenti magmatici che hanno interessato gran parte dell’Isola di S. Antioco e dell’entroterra del Sulcis. Solo qui, tuttavia, complice l’azione erosiva del mare e del vento, la natura geologica del territorio si esprime in tutta la sua bellezza dando forma a caratteri unici e particolarissimi.  Così è, ad esempio, per l’Orrido di Capo Sandalo, poco a nord del capo omonimo, una profonda incisione in lave a fratturazione colonnare interpretata come uno degli antichi camini vulcanici di fuoriuscita del magma. Un’altra bocca vulcanica è stata localizzata a Le Commende, zona da cui deriva il nome di queste particolari lave (comenditi), mentre nell’angolo sud-orientale dell‘isola è presente un gayser fossile, formato nei periodi terminali della fase vulcanica.  In prossimità di quest’ultima zona si trovano Le Colonne, imponenti scogli verticali residuo del progressivo smantellamento della colata di lava che forma la costa, dichiarati monumento naturale. Ma al di là delle curiosità scientifiche, la struttura geomorfologica ha senz’altro favorito la presenza della principale peculiarità biologica dell’isola. In questa costa aspra e dirupata ha trovato il loro habitat naturale una quantità incredibile di specie di uccelli e in particolare di rapaci diurni. Tra questi ultimi, oltre alla Poiana, al Gheppio, al Falco Pellegrino, si annovera il rarissimo Falco della Regina che della scogliera di Capo Sandalo ha fatto uno dei più importati siti di nidificazione al mondo. Qui, tra aprile e ottobre staziona e si riproduce una colonia di circa 100 coppie, su un totale di 500 coppie in tutta Italia; in novembre l’intera colonia migra per svernare in Africa Sud-Orientale e in alcune aree dell’Oceano Indiano e torna nuovamente la primavera successiva. A protezione di questa ricchissima avifauna, e in particolare proprio del Falco della Regina, chiamato così in onore di Eleonora, Sovrana del Giudicato di Arborea, nel 1991 la costa tra Punta del Capodoglio e Cala Vinagra, è diventata Oasi della LIPU.  Della predilezione dei rapaci per l’isola si accorsero già i Punici tanto da darle il nome di Enosim, ovvero l’isola degli sparvieri, denominazione ripresa poi dai Romani e tradotta in Accipitrum Insula. In realtà l’isola presenta un forte interesse anche per altre emergenze naturalistiche, sia zoologiche che botaniche. Tra queste, la presenza di una specie endemica di coleottero, la Cincidela Campestris Saphirina, dalla caratteristica livrea di colore blu-violetto, e dell’Helicodiceros muscivorus, un’aracea con una spata rossa larga fino a 50 cm da cui emana un forte odore di carne putrida per attirare le mosche che ne effettuano l’impollinazione. Ma l’aspetto più interessante sotto il profilo paesaggistico è senz’altro la presenza di una macchia mediterranea molto ricca che annovera anche la Palma Nana, e di estese boscaglie di Pino d’Aleppo, residue dell’originaria copertura che doveva estendersi lungo tutta la fascia costiera sulcitana. 
Un patrimonio naturalistico, quello dell’isola di San Pietro, in gran parte ancora integro grazie anche a una presenza dell’uomo limitata e tutto sommato poco invasiva. Dopo un periodo di frequentazione relativamente intensa, compreso tra l’epoca nuragica e la colonizzazione romana, per tutto il Medio Evo l’isola rimase praticamente deserta. La più significativa testimonianza ancora visibile della presenza umana in quel lungo periodo è la chiesetta di San Pietro che secondo una versione storica venne fatta erigere da Papa Gregorio IX nel 1236 a ricordo del cosiddetto naufragio dei “Novelli Innocenti” avvenuto nella acque prospicienti l’isola ventiquattro anni prima. In quell’evento tragico perirono centinaia di giovani francesi in navigazione verso la Palestina per partecipare alla liberazione del Santo Sepolcro. Segni diffusi della presenza dell’uomo sull’Isola di San Pietro risalgono solo al XVIII secolo con l’insediamento di una comunità proveniente dall’isola di Tabarka, un minuscolo scoglio di fronte alle isole della Tunisia, a cui si deve la fondazione di Carloforte e l’origine stessa della storia moderna dell’isola. Gli immigrati tabarkini erano in realtà liguri giunti sulle coste tunisine nel 1542 a seguito di un accordo tra Carlo V di Spagna e la famiglia dei Lomellini di Pegli. Dopo duecento anni di difficile convivenza in quello stretto lembo di terra, la comunità ligure, alla ricerca di una nuova patria, accettò l’offerta dell’allora Re di Sardegna Carlo Emanuele III di trasferirsi in territorio sardo scegliendo l’Isola di San Pietro come loro futura dimora. L’origine peculiare della popolazione carlofortina si è tradotta in un altrettanto peculiare aspetto del paesaggio dell’isola. Nonostante i molti secoli di lontananza dalla terra natìa, la comunità ligure ha voluto mantenere tradizioni e usanze tipicamente liguri: oltre al dialetto e alla gastronomia, quest’ultima pur non scevra da interessanti influenze arabe (cous cous tabarkino), la cultura ligure emerge chiara nell’edilizia: Carloforte è, di fatto, una cittadina ligure con i carrugi e le piazzette ombrose che si aprono sul viale a mare, bordato dal piccolo molo di pescatori.  Una forte connotazione che caratterizza anche l’ambiente rurale dell’isola, fatto di piccoli insediamenti immersi nel verde e bordati da bassi muretti a secco, lasciando relativamente libera la costa dove, per una volta, l’edilizia turistica, seppur con qualche eccezione, non ha prodotto effetti particolarmente evidenti nel paesaggio. Così non è, invece, per le due attività industriali sviluppate sull’isola: lo sfruttamento minerario avvenuto in passato, soprattutto con l’escavazione di manganese sulle pendici della Montagna di Capo Rosso, dove si trovano ancora le costruzioni dell’antico villaggio minerario, e la lavorazione del tonno pescato nella tonnara posta al largo della costa nord-orientale dell’isola. Dei due stabilimenti costruiti per il trattamento del pesce, uno, nell’Isola Piana, risalente al 1698, è stato trasformato in villaggio vacanze, l’altro, in località La Punta, è ancora in attività.

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