Capo Spartivento (Chia)

Panorama da Capo Spartivento

Durata dell’escursione:1 giorno 
Distanza del punto panoramico dal Residence Villa Ebner: 45 km
Coordinate del punto panoramico: 38.877893°  8.845158°
Luoghi da non perdere: Capo Malfatano, Spiaggia di Tuerredda, Spiaggia di Chia, Chiesa e Torre di Sant'Isidoro. 


A ovest della piana su cui sorge il Faro di Capo Spartivento si apre uno dei più mirabili paesaggi della costa meridionale della Sardegna. Per chilometri lo sguardo corre su un susseguirsi di promontori rocciosi, scogli acuminati e insenature più o meno profonde, bordate da piccole spiagge bianche. Appena fuori dall’influenza delle onde, la roccia si riveste di una bassa coltre vegetale, una gariga ricca di ginepro, lentisco, fillirea, a luoghi dominata da fitti popolamenti di euforbia arborea che in primavera formano estese macchie di colore dal giallo-verde al rosso-vinaccia. Lontano dalla costa la roccia affiora nuovamente tra gli arbusti per formare aspre superfici che accentuano il carattere selvaggio del territorio.

Una così tormentata linea di costa è il prodotto dell’invasione del mare in valli precedentemente incise dall’azione dei fiumi e i cui versanti di un tempo sono e ora messi a nudo dall’erosione marina (costa a rias). A esasperare la morfologia del territorio ha contribuito anche la grande varietà di rocce che formano la costa stessa: tutta la zona da Monte Sa Guardia Manna fino a parte di Capo Malfatano è di granito rosa a cui un elevato grado di fratturazione conferisce quell’aspetto frastagliato tipico degli scogli lungo la costa. 
Procedendo verso ovest, sotto uno strato di arenaria giallo-dorata presente lungo la battigia, affiorano gneiss, scisti e altre rocce metamorfiche di colore dal grigio-verde al violaceo che nell’insieme danno origine a forme più morbide di quelle dei graniti poiché offrono una resistenza minore all’erosione del mare e del vento. Infine, dopo una breve ricomparsa dei graniti a Porto Teulada e all’Isola Rossa, ecco affiorare i bianchi calcari dell’impressionante falesia di Capo Teulada. Una collezione di rocce che alla varietà aggiunge il valore della rarità: molte di esse risalenti al paleozoico, sono le più antiche rocce della d’Italia e seppur siano assai frequenti nel Sulcis-Iglesiente, sembra che qui siano associate a lembi di rocce ancora più antiche, forse di 670 milioni di anni, tra le più antiche di tutta Europa
Ma non è l’età delle rocce a rendere antico il paesaggio di questa zona: la sola assenza su una così vasta area di segni visibili dell’uomo conduce inevitabilmente all’idea di un paesaggio primordiale, o al più dove l’uomo, per una volta, gioca un ruolo non rilevante sull’assetto del territorio. Percorrendo la strada lungo la costa si scopre che in realtà l’uomo è un assiduo frequentatore di questi luoghi dove purtroppo ha operato anche con una scarsa sensibilità paesaggistica, ma di certo le tracce del suo passato non sembrano rendere giusto conto dell’intensità degli eventi storici che qui si sono succeduti. La presenza di numerosi nuraghi, molti dei quali in cattivo stato di conservazione, testimoniano che già prima del 1000 a.C. la zona era senz’altro popolata, soprattutto nell’immediato entroterra. In particolare sembra sia possibile identificare ancora linee di difesa lungo le principali direttrici di accesso alle valli interne dove con tutta probabilità si trovava la maggior parte degli insediamenti.  Furono però i Fenici i primi veri frequentatori della costa, inizialmente con visite stagionali al fine di avviare un commercio con gli isolani, poi in forma sempre più stabile fino a realizzare, soprattutto con l’arrivo dei Punici, insediamenti anche di grandi dimensioni. Nacque così Bithia, sul litorale di Chia, riconosciuta come la più importante città fenicio-punica della Sardegna, e insediamenti minori sorsero lungo tutta la costa fino quasi a Capo Teulada, l’antica Chersonesus (chiamato così al pari di altre penisole del mediterraneo), dove, in prossimità di Porto Scudo fu realizzata una fortezza a protezione dell’approdo di Cala Zafferano. 
A queste testimonianze di cui resta ben poco di tangibile, si aggiunge una struttura che forse rappresenta l’impronta più concreta della presenza punica lungo la costa. Nella baia delimitata a ovest da Capo Malfatano a soli due metri di profondità si trovano due muraglie lunghe complessivamente circa 200 metri e separate da un varco di analoga lunghezza. Secondo alcuni studiosi potrebbe essere il Porto di Melquart, l’Ercole dei Punici, di cui forse si trova traccia documentale nel Portus Herculis riportato nelle carte di Tolomeo. Se l’origine di questa struttura resta ancora un mistero, è verosimile che alcuni caratteri del paesaggio attuale siano da collegarsi alla sua realizzazione.  Sono le cave di pietra arenaria ancora ben visibili lungo la costa intorno a Capo Malfatano da dove fu estratta un’enorme quantità di blocchi il cui utilizzo potrebbe essere compatibile con la costruzione del porto. Ad avvalorare l’ipotesi di un importante insediamento punico a Capo Malfatano viene portata la presenza nell’isola di Tueredda di un tofet, una sorta di necropoli-santuario tipica della civiltà cartaginese, analogo a quello ritrovato nell’Isola di Su Cardulinu, di fronte alla città di Bithia. Anche in epoca romana la costa dovette essere densamente frequentata ma le tracce risalenti quel periodo si limitano a pochi rinvenimenti occasionali. Risale comunque al periodo romano la presenza a Porto Scudo di un centro abitato chiamato Tegula, in posizione strategica tra Nora e la città di Sulci.
In epoca medievale il villaggio fu abbandonato e rifondato solo nel XIV con il nome Teulat in prossimità dell’attuale Chiesa di S. Isidoro. Nel XVII sec. probabilmente a causa delle frequenti incursioni saracene, i suoi abitanti abbandonarono anche questo sito per spostarsi ancor più nell’entroterra per fondare l’attuale Teulada. Ben più evidenti sono invece le vestigia lasciate dalla dominazione spagnola, periodo a cui risale la costruzione delle numerose torri di guardia a difesa dalle incursioni barbaresche nei punti strategici della costa, da Chia a capo Malfatano, da Piscinnì a Porto Budello e a Porto Scudo. Qui, più che nelle altre parti della costa sulcitana dove sono comunque presenti,  le torri sono ormai elementi fortemente caratterizzanti il paesaggio e testimoniano di un aspetto tutt’altro che secondario nella storia di questi territorio: le sue vicende belliche. Oltre al già citato porto di Melquart, che verosimilmente fu un’importante base della flotta cartaginese impegnata nel conflitto con Roma, nel corso dei secoli il mare antistante la costa fu al centro di numerosi scontri navali, l’ultimo dei quali, avvenuto nel novembre del 1940, vide la Regia Marina Italiana affrontare la Royal Navy britannica in uno evento passato alla storia come la Battaglia di Capo Teulada.
Purtroppo anche oggi, in epoca di pace, la zona continua ad essere coinvolta pesantemente in attività militari. Tutto il territorio compreso tra Porto Teulada e Porto Pino per un’estensione di 7200 ettari è stato trasformato in un poligono di tiro dove gli eserciti della Nato conducono guerre simulate con largo uso di munizioni di ogni tipo. Una servitù che oltre a impedire la fruizione del territorio e di ben 750 kmq di mare, produce enormi danni all’ambiente, tali da compromettere l’uso dell’area anche nell’auspicabile caso di una futura rimozione del vincolo militare.                                                      
                                                                                                                                                     Copyright Frederick Bradley - Riproduzione vietata